Fossili
La sezione geo-paleontologica del Museo espone una vasta collezione di fossili locali, che è considerata una testimonianza unica delle Dolomiti occidentali.
“A quale atto della creazione, a quale capriccio della natura le Dolomiti devono l’incredibile molteplicità di forme e di colori che avvince i nostri occhi meravigliati e ne costituisce il fascino inconfondibile?” A questa domanda il Museo risponde con la più ricca collezione scientifica sulle Dolomiti occidentali in Alto Adige. Bellissimi fossili di piante e animali terrestri e marini documentano l’evoluzione e il processo formativo delle montagne dolomitiche nell’arco di ben 250 milioni di anni.
Simulazione VR
Nel 1968, Johann Comploj e Meinhard Strobl rivennero resti di ossa fossili tra i detriti della Formazione di Buchenstein, presso il Giogo di Pana (Monte Seceda). Dopo la loro preparazione presso l’Istituto di Paleontologia dell’Università di Zurigo, le ossa furono determinate come quelle di un grande ittiosauro Cymbospondylus. Gli ittiosauri furono forse i rettili marini più specializzati. Il loro nome, dal greco “lucertole pesce”, li descrive molto bene. Essi avevano forma di pesce, pur essendo rettili a respirazione aerea e si muovevano grazie alla coda, come avviene per i tonni o gli squali attuali. L’ittiosauro del Monte Secëda (240 milioni di anni fa) è attualmente l’unico esemplare al mondo proveniente dal periodo geologico del Ladinico.
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L’ittiosauro del Monte Seceda
Nel 1968, Johann Comploj e Meinhard Strobl rivennero resti di ossa fossili tra i detriti della Formazione di Buchenstein, presso il Giogo di Pana (Monte Seceda). Dopo la loro preparazione presso l’Istituto di Paleontologia dell’Università di Zurigo, le ossa furono determinate come quelle di un grande ittiosauro Cymbospondylus. Gli ittiosauri furono forse i rettili marini più specializzati. Il loro nome, dal greco “lucertole pesce”, li descrive molto bene. Essi avevano forma di pesce, pur essendo rettili a respirazione aerea e si muovevano grazie alla coda, come avviene per i tonni o gli squali attuali. L’ittiosauro del Monte Secëda (240 milioni di anni fa) è attualmente l’unico esemplare al mondo proveniente dal periodo geologico del Ladinico.
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GALLERIA ITTIOSAURO
Nuovo allestimento
Il nuovo allestimento delle vetrine vuole mettere in evidenza gli eventi geologici e biologici che nei 10 milioni di anni da 247 a 237 milioni di anni fa hanno fatto sì che l’area delle Dolomiti potesse poi dare origine a quelle che sono tra le montagne più belle del mondo.
Nella vetrina con i fossili della Formazione di Buchenstein è rappresentata la situazione paleogeografica durante il Ladinico Inferiore (242-240 Ma), quando un bacino marino profondo (evidenziato in blu) si instaurò nelle aree oggi occupate da Seceda e Alpe di Siusi, mentre dove oggi vediamo il Gruppo delle Odle vi era una piattaforma carbonatica con mare molto basso (evidenziato in grigio). Le piattaforme carbonatiche furono l’embrione di quelli che ora sono i principali gruppi dolomitici, ma la biodiversità di queste scogliere tropicali era ancora molto bassa a seguito della grande crisi biologica tra il Permiano e il Triassico, 252 Ma.
Nella vetrina accanto con i fossili dell’Alpe di Siusi, è rappresentato il Ladinico Superiore (240-237 Ma) quando il mare delle Dolomiti venne sconvolto da una importante attività vulcanica, che portò alla formazione di ampie isole vulcaniche nell’area dell’attuale Val di Fassa. Piattaforme carbonatiche continuavano a crescere nelle vicinanze (Odle, Sassolungo/Sassopiatto, Catinaccio/Molignon/Sciliar, etc.).
Materiale raccolto in diversi siti, anche molto lontani (Cina) mostra che in tutti gli ambienti marini si verificò un importante evento evolutivo, testimoniato soprattutto da coralli e molluschi nelle Dolomiti, ma anche da pesci e rettili marini altrove. Non sappiamo se vi sia una relazione diretta tra il vulcanesimo, che ha messo in circolo grandi quantità di nutrienti, e l’evento evolutivo; certamente tuttavia le Dolomiti rappresentarono in quel momento un vero e proprio ‘hot spot’ biologico.
Tutti i fossili di cui si tratta in queste nuove vetrine sono da considerarsi alloctoni. Questo significa che organismi vissuti in acque superficiali o sulle piattaforme carbonatiche o sulle isole vulcaniche, si sono fossilizzati in un luogo diverso da quello in cui abitavano, ovvero sul fondo dei bacini profondi.
Il Triassico medio in Gardena (247–237 Ma)
Il nuovo allestimento delle vetrine vuole mettere in evidenza gli eventi geologici e biologici che nei 10 milioni di anni da 247 a 237 milioni di anni fa hanno fatto sì che l’area delle Dolomiti potesse poi dare origine a quelle che sono tra le montagne più belle del mondo.
Nella vetrina con i fossili della Formazione di Buchenstein è rappresentata la situazione paleogeografica durante il Ladinico Inferiore (242-240 Ma), quando un bacino marino profondo (evidenziato in blu) si instaurò nelle aree oggi occupate da Seceda e Alpe di Siusi, mentre dove oggi vediamo il Gruppo delle Odle vi era una piattaforma carbonatica con mare molto basso (evidenziato in grigio). Le piattaforme carbonatiche furono l’embrione di quelli che ora sono i principali gruppi dolomitici, ma la biodiversità di queste scogliere tropicali era ancora molto bassa a seguito della grande crisi biologica tra il Permiano e il Triassico, 252 Ma.
Nella vetrina accanto con i fossili dell’Alpe di Siusi, è rappresentato il Ladinico Superiore (240-237 Ma) quando il mare delle Dolomiti venne sconvolto da una importante attività vulcanica, che portò alla formazione di ampie isole vulcaniche nell’area dell’attuale Val di Fassa. Piattaforme carbonatiche continuavano a crescere nelle vicinanze (Odle, Sassolungo/Sassopiatto, Catinaccio/Molignon/Sciliar, etc.).
Materiale raccolto in diversi siti, anche molto lontani (Cina) mostra che in tutti gli ambienti marini si verificò un importante evento evolutivo, testimoniato soprattutto da coralli e molluschi nelle Dolomiti, ma anche da pesci e rettili marini altrove. Non sappiamo se vi sia una relazione diretta tra il vulcanesimo, che ha messo in circolo grandi quantità di nutrienti, e l’evento evolutivo; certamente tuttavia le Dolomiti rappresentarono in quel momento un vero e proprio ‘hot spot’ biologico.
Tutti i fossili di cui si tratta in queste nuove vetrine sono da considerarsi alloctoni. Questo significa che organismi vissuti in acque superficiali o sulle piattaforme carbonatiche o sulle isole vulcaniche, si sono fossilizzati in un luogo diverso da quello in cui abitavano, ovvero sul fondo dei bacini profondi.